Sub tuum praesidium | Trofeo Binda 2024

Il mattino della domenica è grigio e sonnacchioso e il lago, con Cannobio sullo sfondo, ha quel colore metallico e cangiante tipico di queste giornate “un po’ così”, loffie.

Mi immergo nel consueto brulichio da partenza, dove tutti si muovono come formichine più o meno impazzite da una parte all’altra del lungolago di Maccagno e le ragazze si riscaldano sui rulli o pedalano leggere sulle stradine intorno al Giona, mentre il pubblico meno avvezzo alle corse guarda indolente e un po’ stupefatto tutto questo, in pieno spirito laghée.

Anticipiamo la partenza e scegliamo di fermarci in un punto giusto alle porte di Luino per fotografare il gruppo mentre passa poco dopo il km zero con il lago e la vetta innevata del Limidario alle spalle – la vista che da sempre mi accompagna, il paesaggio che mi sta di fronte da quando sono nata e che è quindi “casa”.

Salendo su una scaletta in pietra che porta verso la linea ferroviaria, per trovare una prospettiva da cui scattare, scopro una casupola costruita praticamente sui binari del treno, con tanto di orto che si allunga di fianco alle rotaie. Mai vista prima, nonostante sia passata di lì un numero imprecisato di volte. Ci vive una coppia di anziani, presumo marito e moglie, che si avvicinano a noi per capire perché cinque persone si siano piazzate lì ad attendere chissà cosa, incuranti del fatto che potrebbe arrivare un treno a tutta velocità (ma probabilmente ci hanno fatto il callo e non si pongono nemmeno più il problema).

Il rito dell’immancabile panino al salame, in un’ora scarsa di quiete prima dell’arrivo della corsa, lo vivo di fronte a una casa con una piccola edicola votiva sul muro, che continuo a fissare. È raffigurata una pietà, quell’attimo in cui Maria sorregge il corpo senza vita di Gesù sulle sue gambe, tra le sue braccia. Tra l’ombra e il sole, dietro alla grata in ferro che la protegge, risalta soprattutto il manto della Madonna, di un azzurro acceso.

Mi viene in mente all’improvviso un’antichissima preghiera, Sub tuum praesidium, che si recita per invocare l’aiuto di Maria nei momenti difficili.

“Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova”. Che si tratti di Maria o di un’altra qualsiasi divinità o entità in cui ciascuno più o meno crede, ci sono istanti in cui ci si aggrappa a tutto pur di non mollare, pur di resistere, pur di arrivare fino in fondo. In fondo a una corsa, a un progetto, a una prova di quelle che la vita non si stanca mai di piazzarti davanti.

Come sempre quando si tratta di circuiti, perdo quasi subito il conto dei passaggi, ma avere una compagnia con cui condividere la giornata aiuta a non smarrirsi completamente. Le ragazze girano con le gambe sempre più pesanti, qualcuna attacca e sta al vento davanti a tutte le altre per un po’, ma non c’è nulla di definito che faccia capire chi tra loro abbia quel qualcosa in più per farcela a resistere sui GPM di Orino e di Casale e arrivare sul traguardo di Cittiglio per prima.

“Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio”. Il dio del ciclismo che dà e toglie, che a volte decide di replicare un dono già elargito per dare un segno a chi ha bisogno di sentire di essere di nuovo se stessa. Come Elisa Balsamo, che qui ha già vinto con l’arcobaleno addosso e che questa volta se l’è messo alle spalle. Quello che non cambia è il suo modo di dire grazie a ogni compagna, allo staff della squadra, a ogni persona che incontra e le dice “brava”.

“Grazie” che si sente pronunciare in una serie di lingue diverse, oltre la linea del traguardo, più o meno stanco, ma sempre sentito, vero. Come gli abbracci o i cinque dritti e vigorosi che gli avversari sanno scambiarsi tra loro – al netto di chi pensa che fosse meglio spintonarsi in corsa e non salutarsi nemmeno fuori, perché quello significava essere forti.

Ma il dio del ciclismo sa cos’è la vera forza e protegge più che può chi la possiede.

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