Andiamo da Milano al mare | Milano – Sanremo 2017

Alzati e sbrigati,
oggi è il giorno e lo sai che domani è già qua,
che c’è un mattino che è d’argento,
che brilla il sole e asciuga il vento.
Il viaggio è con te, comincia qui.
I desideri sono tanti
come i chilometri davanti…

Tra tutte le canzoni che potevano venirmi in mente per parlarvi della mia prima trasferta ciclistica, si è affacciato ai pensieri un pezzo praticamente sconosciuto di Chiara Canzian, Da Milano al mare. Un titolo che riassume tutto. E non importa se il cielo era grigio e il mare l’ho visto praticamente solo dall’auto o in due minuti di rapida sosta lungo il percorso: il suo profumo dolce e familiare portato dalla brezza ligure mi ha accompagnato per qualche ora, e mi basta.

Se però dovessi scegliere cosa accostare a questo mio viaggio da Milano a Sanremo, di certo direi che è il vento: quell’aria che nei confronti dei ciclisti svela spesso e volentieri la sua doppia faccia, amica e nemica, e che da sola è in grado di rendere una corsa più dura di quanto già non sia. Quell’aria che schiaffeggia le centinaia di tifosi appostati con tenacia ai bordi delle strade ad attendere il passaggio dei corridori, un tutto condensato in una manciata di secondi che aggiunge vento a vento: una sensazione a cui non ci si abitua mai, forse perché è così effimera che, appena la si percepisce, è già passata oltre. Tom Boonen me lo dimostra nelle folate feroci di Ovada: non appena lo riconosco, di poco staccato dal gruppo, è già là, sulle prime rampe del Turchino.

Ciao, Tommeke, è stato comunque un piacere.

 

Il tempo del ciclismo in effetti è un po’ così, si comporta come una molla. È dilatato prima della partenza, in corsa sfugge come la sabbia tra le dita e poi, una volta tagliato il traguardo, ricomincia a scorrere lentamente…

A Milano c’è Piazza Castello quasi irriconoscibile, contornata da un corridoio di bus da cui scendono i ragazzi, prendono la propria bici e si avviano al foglio firme con una calma inimmaginabile in una situazione del genere, facendo lo slalom tra la gente che li osserva e cerca di indovinare chi ci sia sotto ai caschetti o dietro agli occhiali da sole.
Risaliamo la corrente come salmoni fino a trovare ciò che cerchiamo: la corte del campione del mondo, già assediata da tifosi e curiosi. E non importa se l’orologio avanza, noi ci troviamo nel tempo lento: qui c’è Peter Sagan e lo sanno benissimo anche i bambini che non aspettano altro e fissano impazienti la tendina del bus da cui deve per forza uscire, in tutto il suo iridato splendore. Attesa ripagata.

Andiamo da Milano al mare

E poi tutto diventa corsa, la loro e la nostra, che giochiamo a rincorrerli fin da subito perché anche questo fa parte del lavoro. “I desideri sono tanti, come i chilometri davanti”. Fino a Sanremo è lunga, eppure sembra un attimo. Un attimo in cui mi ritrovo persino a rischiare la pelle senza rendermene conto, a Ceriale, mentre fotografo il gruppo in fase di rifornimento: mi sfreccia accanto a pochi millimetri e quasi non me ne accorgo, se non quando abbasso la macchina fotografica.

Questo sport fa trovare il coraggio anche a coloro a cui ogni tanto manca, forse anche per questo me ne sono innamorata.

 

Su e giù dall’auto, una teglia di focaccia calda appena sfornata in un bar di Varazze che sparisce in pochi minuti. E poi, alla fine della Cipressa – quando manca poco e lo senti talmente tanto che vorresti accelerare persino col corpo per arrivare prima – un poliziotto a cui non importa nulla del nostro accredito stampa ci porta via l’ultimo dei desideri, quello di precedere i ragazzi all’arrivo. Dobbiamo accontentarci di vederli scivolare come biglie lanciate a non so quanti chilometri orari – parecchi – sull’asfalto e ricevere nuovamente il loro vento in faccia, come un saluto un po’ irruento, ma a suo modo dolce.

Anche a Peter all’ultimo istante sfugge questo desiderio. quello di arrivare per primo: viene beffato sulla linea del traguardo da uno che lo conosce bene. E anche se il risultato ci arriva seguendo le notizie su Twitter, abbiamo il fiato sospeso come se fossimo lì.

Bentornato di nuovo, Kwiato.
Che bello che ci fate emozionare così. Ma le vostre mani che si stringono sono ancora più belle.
C’è bisogno di più gesti così.

Foto di Luigi Sestili


Poi è tutto finito e il tempo torna di nuovo a rallentare, complice il calar del sole e la calma che è scesa finalmente su Sanremo.
L’odore della salsedine si mischia a quello del bagnoschiuma che sale dall’asfalto inondato dall’acqua che sgorga dai bus in cui i ragazzi stanno lavando via il sudore e la fatica.
È il momento del ritorno a se stessi, alle proprie gioie o ai propri fantasmi.
C’è Oscar che sorride abbracciando suo figlio, Eugenio che saluta i suoi genitori, qualcun altro la propria fidanzata. C’è Fabio seduto sul muretto, con una lattina di Coca-Cola in mano, a rimpiangere l’ennesimo colpo di sfortuna, ma già pronto a partire per il Nord. In fondo al parcheggio l’ultimo pullman rimasto è circondato da gente di tutte le età che gridano un nome e un cognome: è sempre lui, è Peter che si regala ai tifosi prima e dopo la doccia e cura con questo amore il graffio che il secondo posto gli ha lasciato sul cuore.

Andiamo da Milano al mare

Il tempo torna a scorrere alla sua velocità normale solo quando tutti sono ripartiti ed è già tempo di guardare oltre, alle prossime gare, di portare testa e gambe su strade diverse.

A me restano le immagini che sono già ricordi da conservare, il mare e la multiforme carezza del vento che mi fa sentire viva.

 

(Altri scatti della giornata: https://www.flickr.com/photos/134270587@N03/albums/72157678448377244)

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