Il pavé è il minimo comune denominatore di destini diversi. Puoi benedirlo o maledirlo ad ogni scossone inferto, ma percorrendo quella lunga strada di asfalto e pietre che si snoda tra le campagne, puoi sentirti come un cavaliere dei secoli passati che rincorre a perdifiato qualcosa o qualcuno, attraversando luoghi che sanno di leggenda.
Non per niente questa corsa la chiamano Enfer du Nord, perché qui non puoi fare altro che lottare contro i tuoi demoni. E alla fine, probabilmente, ti ritrovi a comprendere quel verso di Dante che recita: “e quindi uscimmo a riveder le stelle” (Divina Commedia – Inferno, XXXIV). Nel sole un po’ più caldo del solito dei primi giorni di aprile, tra Compiègne e Roubaix, la polvere si solleva dal terreno formando spesse nubi attraverso cui vedere avanti a sé appare impossibile. La si respira, la si mangia, secca la gola. Mescolata al sudore, la terra di Francia trasforma i volti dei ciclisti in maschere dall’aspetto primordiale che non celano, ma, al contrario, enfatizzano le emozioni.
Quanti modi ci sono, dunque, di attraversare questo inferno e di uscirne? Tanti quanti sono i volti, i gesti, le disfatte e le imprese compiute durante le temporanee permanenze in quel mondo.
Peter, ad esempio, ha lo sguardo incredulo di fronte all’ennesima zampata di una sfortuna che sembra accanirsi su di lui, ma sa che ci vuole ben altro per costringerlo alla resa, c’è solo da voltare pagina.
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Peter Sagan – Fonte: https://www.instagram.com/petosagan – foto di @veloimages |
Gianni – ventitrè anni zeppi di promesse per il futuro – dopo uno sforzo del genere prova dolore addirittura a sorridere e lo fa perché ha capito di essere arrivato a tanto così dal realizzare un sogno. Durissimo, ma proprio per questo meraviglioso.
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Gianni Moscon – Fonte: https://www.instagram.com/giannimoscon/ |
E poi ci sono Zdenek e Greg, che sollevano entrambi un braccio, lì sulla linea del traguardo. Ma mentre uno resta puntato verso il cielo in segno di trionfo, l’altro si abbatte con dolorosa delusione sul manubrio.
Labile è quello spartiacque fatto spesso e volentieri di pochi centimetri o pochi secondi. Sono il segno di quel destino che quando decide di renderti un eroe, trova tutti i modi possibili per farlo. Con la gloria o con la sofferenza, non lo sai, finché non lo vivi sulla tua pelle.
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Greg Van Avermaet, Zdenek Stybar, Sebastian Langeveld – Fonte: https://twitter.com/ShimanoROAD/status/851377565306679296 – Foto di @kramon_velophoto |
Daniel, leone biondo, ha visto da lontano il suo capitano vincere e si ritrova a piangere sulla sua spalla, come se sul traguardo fosse passato lui per primo. Lui che invece si è involato – e immolato – da solo per così tanti chilometri, col frastuono del vento trasformato in una sinfonia rock tutta personale a tenergli compagnia.
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Daniel Oss – Fonte: https://twitter.com/BMCProTeam/status/851334244978888704 – Foto di Phil Gale |
Rimane infine Tom, che l’ha sognata, la sua quinta Roubaix, insieme a noi che gli chiedevamo un ultimo regalo prima di salutarci. One more, Tom e il suo viso sorridente campeggiavano su tutte le strade belghe e francesi percorse per l’ultima volta.
E anche se non è arrivata questa vittoria, non importa, perché già eri leggenda e ora lo sei definitivamente.
Ma ci mancherai tanto, Tommeke, questo sì.