Equilibrio | Locarno – Tour de Suisse 2017

Che sapore particolare ha il ciclismo, quando passa vicino casa. Anche se per ‘vicino casa’ questa volta intendo una città che si trova addirittura in un altro Stato. Ma non importa, perché c’è il lago a tenerci assieme. E il lago è la mia casa, da qualsiasi parte io lo viva.

A Locarno il sole scotta fin dalle prime ore del mattino, in una Piazza Grande rovente già popolata da piccoli, grandi e anche qualche personaggio strambo. Si sa che nei giorni di corsa uno può tirar fuori dal cilindro – o dal casco, in questo caso – di tutto e di più e sentirsi perfettamente a proprio agio. Ne ho continuamente la prova.

 

 

Fa caldissimo e lo zaino sulle spalle non aiuta per niente. Ma quando inizio a passeggiare su e giù per la via dove sono sistemati bus e ammiraglie, non c’è più nessuna fatica a tagliarmi gambe e fiato.
Osservo e ascolto, scambio qualche rapido saluto e ricevo quei sorrisi che mi piacciono tanto.
Mi trovo in mezzo ad un popolo di gentlemen, un po’ fuori di testa, ma capaci di gesti semplici e belli proprio per questo. Come quel you’re welcome quasi sussurrato da Greg, quando lo ringrazio per aver accettato di fare una foto con me. Significa solo ‘prego’, ma in inglese suona molto meglio: accoglie. E a me piace interpretarlo davvero come un nuovo piccolo segno di benvenuto in questo mondo che viaggia costantemente tra la frenesia e la levità.

 

C’è un equilibrio particolare qui, ha un che di paradossale: è un equilibrio elastico, capace di adattarsi a mille situazioni diverse e giocare col tempo anche quando questo scorre via veloce.
Ci sono meccanici di una squadra che chiacchierano con corridori di un’altra.
Qualcuno rilascia interviste all’ombra dei bus, qualcun altro sta con la testa china sui rulli forse per svegliare gambe che non ne vogliono sapere.
L’andirivieni dal foglio firma è uno zig zag continuo ma pacifico tra la gente.
Non sento nemmeno il caos, che generalmente mi infastidisce non poco: lo relego al ruolo di mera cornice, per questa volta.

Sento di non voler essere da nessun’altra parte, di aver trovato l’incastro perfetto come la tessera di un puzzle. Sorrido. Se mi avessero detto che sarebbe stato questo il luogo in cui avrei cessato di sentirmi di troppo, giuro che non ci avrei mai creduto. Invece qui c’è davvero un posto anche per me e qualcuno, senza volerlo, me l’ha confermato anche questa volta.

 
You’re welcome. 

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