Nel tentativo di preservarmi – da cosa, poi, non riuscivo proprio a capirlo – avevo perso giorni e occasioni utili.

Nina, 38 anni e una vita che perde ogni riferimento quando termina la relazione con D. – scoprirsi all’improvviso come qualcosa di vuoto, incastrato in una routine che fa smarrire il senso di ogni cosa.
Gerlando – Gerri -, un anziano scultore incontrato per caso sulla panchina di un luna park, le mani che tremano e la proposta di accompagnarlo a Lampedusa, il suo luogo natìo, in cui lo attende una statua da aggiustare. Atena di Sciàtu Persu, un simbolo dal nome che sembra scivolare sempre via mentre lo si pronuncia, una discesa un po’ dolce e un po’ secca, proprio come quel piccolo brandello di terra in mezzo al Mediterraneo.
Cesare, uno scrittore dall’identità misteriosa – fino ad un certo punto della storia, quantomeno – che capita sulla strada di Nina e Gerri grazie ad un ultra casuale annuncio su BlaBlaCar.
E poi il viaggio che da un semplice car sharing si trasforma in una gita a tappe da Milano a Lampedusa, passando per luoghi come Pietrasanta, le Terme del Bullicame, la Certosa di Trisulti o Bacoli.
Soste fatte di incontri molto spesso fortuiti, ma capaci di incastrarsi con tre esistenze finite insieme davvero per caso e, soprattutto, di incastrarle tra loro in modo inscindibile.
Ecco perché questo viaggio fisico lungo un’Italia oggetto di un amore viscerale e tormentato diventa, per Nina soprattutto, ma anche per Gerri e Cesare, un viaggio all’interno di se stessi, fatto di dolori da elaborare, paure da affrontare, vite da ricostruire affrontando finalmente ogni difficoltà, prendendola dritta nel petto.
A costo di piangere tutto il mare e le sue onde.

Avrai modo di tornare alla sorgente del tuo dolore. C’è un tempo per tutto.
Anche per l’amore, nuovo, inaspettato e per certi versi libero, come impara a diventare libera Nina, giorno dopo giorno.
Lasciar andare tutti i propri e se…, cambiarsi (o semplicemente ritrovarsi). Sentire nella bellezza – dei luoghi, dell’arte, della natura – la chiave di ciò che può salvare il mondo e l’esistenza.
Il romanzo di Camilla – aka Zelda was a writer – lo definirei pieno, se dovessi scegliere un aggettivo. Pieno, in senso buono. È un diario stampato, è vero, ma ad averlo tra le mani viene da stare attenti a non far scivolare dalle pagine i numerosi biglietti, ritagli di giornale e cartoline che le popolano. E poi c’è la calligrafia marchio di fabbrica di Camilla, che sottolinea, cancella, aggiunge parole e disegni, rende mille volte più vissuti i due mesi narrati da Nina.
Pieno, sì. Di frasi che ho fatto e farò mie, di verità che a volte fanno anche male, quando vengono schiaffate in faccia, di amore, paura, meraviglia, speranza.

La misura di tutto è un romanzo che sa essere delicato e leggero anche nell’affrontare tematiche non sempre facili. Da divorare una prima volta e riassaporare subito dopo per lasciarsi toccare corda dopo corda dalle sue parole. (Ve ne avevo parlato brevemente già nel post della top 10 dei miei libri 2018.)
Io mi sono trovata in un sacco di pagine, persino sorprendendomi di incappare nel riferimento ad una corsa ciclistica e persino in una fugace citazione dei Pooh. Forse perché certi libri sono scritti – anche inconsapevolmente – per aspettarci, con tutto il nostro carico di pensieri e sensazioni. Un po’ come Cesare.
Prendi tutto, Nina. E poi torna a Milano per raccontarmelo. Io ti aspetto.