A Lugano, per l’estate, hanno deciso di inventare anche una spiaggia dove non c’è: sul marciapiede del lungolago, esattamente come le spiagge parigine lungo la Senna, con la sabbia, le sdraio e gli ombrelloni e la vista sui battelli che solcano il lago e approdano poco lontano.
Ma anche la natura, a modo suo, ha fatto nascere piccole anse sabbiose sotto ai muraglioni del Parco Ciani, là dove in genere si infrangono le onde. La gente le raggiunge calandosi giù dalla passeggiata per buttarsi in acqua subito dopo. Lo faccio anch’io – dopo aver condiviso le briciole di un panino con un passero curioso e affamato – e mi pento di non aver messo un costume da bagno, perché il lago qui è così tiepido che potrei trascorrere l’intera giornata a mollo. È che poi penso che quella piacevole temperatura dell’acqua è una delle tante conseguenze del gran casino che stiamo facendo tutti quanti con il clima e l’ambiente e allora mi torna un po’ di amaro in bocca.
Tra le urla dei bambini sento da lontano la voce inconfondibile dello speaker e intravedo minuscole figurine sfrecciare tra gli alberi che punteggiano la passeggiata. Sono i corridori – gli amatori e i ragazzini – che si sfidano sul nuovo circuito della Summer Ride disegnato per andare veloci, sotto a questa canicola che fa sudare anche i pensieri, in attesa della festa. Quella della sera, o quella del giorno dopo, oppure entrambe.
Il sole è ormai sulla via del tramonto quando l’ultimo criterium, quello più importante della giornata, sta per prendere il via tra foto, chiacchiere e parole sparse sul Tour di chi è appena tornato e, per qualcuno, un bel bicchiere di birra fresca prima della gara (anche se sarebbe perfetto dopo).
E nel mezzo di questo marasma che sa tantissimo di estate c’è anche il piccolo Lev Roglic che corre e gioca insieme a un bimbo biondissimo con la maglia dell’Alpecin che non molla mai la sua biciclettina, come se già sognasse di essere il prossimo Mathieu Van Der Poel. Papà Primoz è lì con lui, anche se non corre. Gli chiedo una foto ricordo e nel mentre penso che avrei voluto raccontargli di quando ha indossato la Maglia Rosa sul San Luca e ha regalato i fiori a sua moglie Lora alle ultime settimane di gravidanza: io ero lì e mi sono trovata per caso a scattare foto vicino a lei. Piangeva lei e un po’ piangevo anch’io nel vederli così felici e innamorati mentre, anche in quel momento, il sole tramontava dietro ai colli bolognesi e si faceva buio.
Ecco, quando dico che “ho questa cosa con i tramonti” è perché è estremamente vera. Fosse per me, li fotograferei tutti ogni singola volta. Saint-Exupéry ha scritto che quando si è tristi si amano i tramonti, ma io non ne sono così sicura.
Perché la luce che c’è in quei minuti ha un senso tutto suo, una sua bellezza particolare, una capacità creativa che altre ore del giorno non riescono ad avere. È una luce che mi rasserena.
Gli ultimi raggi di sole sono quelli che illuminano le cose con un’inclinazione decisa e morbida nello stesso tempo, che allungano le ombre fino allo stremo, fino a evidenziare qualcosa che forse si potrebbe definire “l’essenziale”: un volto, i profili di un paesaggio familiare o un dettaglio mai notato prima.
Qui fanno brillare la pelle sudata dei corridori che si rincorrono, attacco su contrattacco, nell’unico sprazzo di luce del circuito, sull’ultima curva secca prima di prendere il lungolago. Avanti e indietro così per venti volte, con quel raggio che si assottiglia sempre di più fino a sparire dietro alle case e alle colline di questa città che ci si inerpica su e, da lì, guarda verso le montagne di fronte. Loro, ancora sì, bagnate di luce dorata.
E mentre pian piano l’ora blu si avvicina, tra due ali di gente in visibilio è Filippo Ganna ad alzare le braccia sul traguardo, da solo. Alle spalle solo Simon Clarke e Vincenzo Nibali, gli altri ancora più dietro a regolarsi tra loro in volata.
Le bandierine rossocrociate appese fuori dai locali, fra insegne al neon che parlano di spaghetti e Campari, sventolano in maniera blanda ad annunciare la festa nazionale del primo di agosto. La calma dell’estate è scesa di nuovo anche qui, dopo tutto questo forsennato girare in tondo, e la sera che si adagia sulle cose ha il sapore di una di quelle che vorremmo non finissero mai.
